#leparolevalgono: Massimo Bray, la Treccani e le riflessioni sulla lingua

Da venerdì 5 a domenica 7 maggio, per il secondo anno consecutivo, a Lecce è tornato #leparolevalgono. Il Festival Treccani della lingua italiana, ideato dalla Fondazione Treccani Cultura, ha proposto laboratori didattici, lezioni magistrali e incontri tematici sullo “stupore”. La parola chiave di questa sesta edizione è stata analizzata con riflessioni su clima, letteratura, poesia, web, storia, arte, economia, filosofia, religione, calcio. Tra gli ospiti la storica Chiara Mercuri, il docente di letteratura medievale e umanistica Fulvio Delle Donne, la giornalista ed esperta di cooperazione internazionale e diritti umani Nicoletta Dentico, la scienziata Monia Santini, il critico letterario Marco Gatto, i linguisti Giuseppe Patota, Massimo Palermo, Marcello Aprile e Rocco Luigi Nichil, le cantautrici Erica Mou e Carolina Bubbico. Su RaiPlaySound è disponibile anche la puntata speciale della trasmissione “La lingua batte” di Rai Radio 3 condotta da Paolo Di Paolo e registrata durante il festival nel Chiostro 500 del Convitto Palmieri. Sul palco del Teatro Paisiello le tre serate si sono chiuse con un omaggio a Giorgio Gaber di Federico Sirianni, l’esibizione della giovanissima Ayso Orchestra e il concerto di Raiz & Radicanto. Dopo Lecce, il festival proseguirà a Roma (27/28 maggio – 9/11 giugno) per poi concludersi a Lecco (21/24 settembre). Durante il festival abbiamo fatto una chiacchierata con Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani.

Qual è lo stato di salute della lingua e di conseguenza della cultura italiana oggi?

In questi nostri tempi è frequente la percezione che lo stato di salute dell’italiano sia compromesso da una sorta di disaffezione, più o meno consapevole, dei parlanti madrelingua, alimentata anche dall’uso dei nuovi strumenti di comunicazione digitale. È sicuramente vero che alcuni dei cambiamenti prodotti da questi strumenti non rimangono confinati sugli schermi dei nostri dispositivi, ma incidono sulla nostra vita quotidiana: per esempio, non si scrivono più lettere tradizionali, si preferisce comunicare attraverso i social e, sempre di più, con messaggi vocali o videochiamate. Tuttavia, queste evoluzioni comunicative hanno prodotto effetti linguistici molto limitati. Non si sono affermate infatti nuove regole grammaticali e le variazioni più evidenti si sono concentrate nel lessico, ma in modo circoscritto. In tutte le sue varietà, l’italiano usato risulta chiaramente comprensibile e identificabile. Più rilevante è l’adozione di espressioni informali, un tempo proprie della comunicazione orale. Nei diversi sistemi di messaggistica, i testi sono caratterizzati dalla spontaneità, dall’assenza di revisioni, da una struttura comunicativa dialogica: tutti aspetti qualificanti che eravamo abituati a considerare esclusivi della comunicazione orale di tono informale.

Cosa ne pensa dei puristi della lingua italiana che stigmatizzano i forestierismi e talvolta i dialetti, “le lingue d’Italia”?
Un uso più consapevole della lingua può essere favorito anche da un atteggiamento critico e sorvegliato su aspetti come il ricorso ai forestierismi e, in particolare, agli anglicismi. Le ragioni della loro diffusione sono diverse e devono essere indagate caso per caso, senza escludere le necessità prodotte dalle trasformazioni culturali, sociali e tecnologiche che stiamo vivendo. Nonostante il loro carattere a volte effimero, a consigliarne un uso motivato, e sempre avveduto, non è una sorta di improponibile protezionismo linguistico, ma la consapevolezza che il ricorso a molti anglicismi, per moda o per necessità, rischia di indebolire le numerose alternative italiane e le loro sfumature di significato. Ne è un esempio il verbo spoilerare, derivato dal sostantivo inglese spoiler “anticipazione” e usato con il significato di “rivelare in anticipo in parte o del tutto la trama di un racconto, romanzo, film o simili”. Fra le numerose le scelte che l’italiano offre si possono ricordare annunciare, anticipare, avvertire (di), avvisare (di), preavvisare, l’antico prelibare, il letterario preludiare (a), il non comune prevenire.

Le rivendicazioni dei diritti per le donne e per le comunità LGBTQI+ portano nuove sfide per i linguisti, saremo in grado di affrontarle?
Treccani è da sempre impegnata nel contrasto a qualsiasi forma di discriminazione mediata dal linguaggio – in tutte le iniziative editoriali, tradizionali e digitali, di ricerca, sociali e didattiche –, e si avvale anche di importanti campagne istituzionali di comunicazione legate all’hashtag #leparolevalgono. Proprio questo costante impegno nel fornire strumenti sempre aggiornati per interpretare la nostra contemporaneità ci ha spinto a introdurre nell’ultima edizione del Vocabolario Treccani un’importante innovazione di “genere”. Per la prima volta, nella storia plurisecolare della lessicografia italiana, non si privilegia il genere maschile e si includono anche aggettivi e nomi femminili. Una rivoluzione che riflette e fissa su carta la necessità e l’urgenza di un cambiamento per promuovere l’inclusività e la parità di genere, a partire dalla lingua. Cercando il significato di un aggettivo come bello o adatto troveremo quindi anche la sua forma femminile, seguendo sempre l’ordine alfabetico: bella, bello; adatta, adatto. E per la prima volta vedremo registrate quelle professioni che, per tradizione androcentrica, finora non avevano un’autonomia lessicale: notaia, chirurga, medica, soldata. Per rafforzare l’impegno nel contrasto agli stereotipi di genere – secondo i quali a cucinare o a stirare è perlopiù la donna, mentre a dirigere un ufficio o a leggere un quotidiano è soprattutto l’uomo – abbiamo voluto proporre anche nuovi esempi di utilizzo e contestualizzazione ed evidenziare il carattere offensivo di tutte le parole e di tutti i modi di dire che possono ledere la dignità di una persona.

L’intelligenza artificiale (Chat GPT docet) minaccia di sostituire la creatività linguistica umana, cosa possiamo fare per impedirlo?
Senza voler demonizzare l’innovazione tecnologica, credo che tutti possiamo constatare che ogni tipo di automatismo favorisce e genera modalità espressive sempre normalizzate, e quindi anonime, anche se formalmente corrette. Emerge, perciò, la necessità di salvaguardare l’uso creativo della lingua, l’originalità espressiva e lo scarto dalla norma, recuperando le disposizioni desuete delle parole, che sarebbero sottolineate come errori dai vari correttori automatici, e le innumerevoli, diverse, scelte lessicali di cui l’italiano dispone per esprimere uno stesso concetto. Treccani è talmente convinta del potere generativo e creativo dello stupore, anche con specifico riferimento alla consapevolezza linguistica, da aver dedicato proprio a questa parola la sesta edizione del suo Festival della lingua italiana.

L’Enciclopedia Treccani è sempre più aperta alle nuove tecnologie e alle nuove generazioni, confrontandosi direttamente col lettore in occasioni come il Festival della lingua italiana, in questi giorni a Lecce. Ci spiega la ratio alla base di questo lavoro trasversale?
Nel rispetto della propria missione statutaria, Treccani da sempre dedica una particolare attenzione alle attività didattiche e di formazione destinate alle nuove generazioni, cercando di far dialogare gli strumenti tradizionali con quelli resi disponibili dalle nuove tecnologie, come nel caso dei meme del nostro canale Instagram. Proprio nella convinzione che un uso consapevole della lingua sia un requisito necessario per far crescere cittadini veramente liberi, capaci di sviluppare un pensiero critico originale, la nuova edizione del Festival della lingua italiana dedica un ampio spazio ai laboratori didattici, in un dialogo parallelo fra studenti di diverse generazioni.

Annibale Gagliani