I “Piccoli boati” d’esordio di Tananai

Il suo stile è deciso, originale e sarcastico: Tananai ha pubblicato da poco su tutte le piattaforme digitali “Piccoli Boati”, Ep d’esordio prodotto dalla Sugar. Sabato 2 maggio il giovane cantautore milanese è stato tra gli ospiti della sesta puntata di #Seiacasa (GUARDA IL VIDEO QUI). Il Sei – Sud est indipendente, festival pugliese ideato, prodotto e promosso da Coolclub – con la direzione artistica di Cesare Liaci – non si è fermato infatti per l’emergenza Coronavirus e propone un nuovo format da salotto sui social.

Mi ha fatto molto sorridere il brano “bidet”, in cui paragoni la mancanza di un affetto all’assenza del bidet in Europa. Ma tolto questo velo di ironia, sembra che ci sia un nodo importante fatto di nostalgie e ferite amorose… raccontaci come è nato questo tuo primo lavoro discografico.

Essenzialmente è nato in maniera molto spontanea nel senso che non ho fatto nient’altro che parlare della mia quotidianità. Va da sé che sono un romanticone quindi nel 90% del disco ho parlato dell’amore in tutte le sue forme: dall’assenza di una persona, all’innamoramento, al lasciarsi. È stato un lavoro molto genuino, molto spontaneo, senza troppi ragionamenti. Sono contento se di me si percepisca questo velo di ironia che utilizzo per scrivere, perché nessuno dovrebbe prendersi troppo sul serio, o almeno io non riesco a farlo del tutto. Per quanto riguarda Bidet, è uno dei miei pezzi preferiti perché la figura del bidet mi affascina tanto. Ogni tanto mi capita di parlare con persone straniere e quando trovo degli individui che fanno un po’ troppo i saputelli non riesco a far altro se non pensare che ho di fronte una persona che non si pulisce il sedere. Questo per ribadire che non serve prendersi troppo sul serio.

Prima dell’uscita del tuo Ep, ti abbiamo conosciuto con i brani “Bear Grylls”, “Ichnusa” e “Volersi male”. Mi ha molto colpito una frase di questo ultimo brano: “Forza che prima o poi passa anche questa moda di volersi male”. Spiegaci un po’ di questa moda. Credi che se non ti fossi “voluto male”, la tua musica avrebbe avuto lo stesso valore?
Io in realtà mi voglio molto bene, l’unica che faccio per volermi male è fumare tante sigarette -ride- poi per il resto sono una persona con la testa sulle spalle . Per quanto riguarda la moda del volersi male è un po’ come volersi autocomplicarsi la vita. A me è successo in passato di aver rovinato delle cose belle o di aver fatto degli errori in maniera del tutto consapevole. È un pensiero comune che l’artista voglia provare la sofferenza come sentimento forte per trovare la giusta ispirazione ma mi sono reso conto che, per quanto possa essere vera questa cosa, non ne vale la pena. Vale sempre di più la pena essere felici piuttosto che pensare che stare male possa dare il giusto input artistico.

Ti seguiamo anche sui social e sono molto simpatici i video che stai creando durante questa quarantena, in cui immagini e mixi brani di artisti completamente diversi tra loro, creando un sound a volte opposto dalla canzone originale… com’è nata questa idea? Chi ti aiuta nella creazione di questi video?
L’idea è nata dalla noia, in realtà non mi ha aiutato nessuno nella realizzazione di questi video. Ho deciso di creare questo format per farmi conoscere di più dal punto di vista artistico, essendo anche un produttore, mostrando al pubblico tutto il processo creativo che c’è dietro una canzone.

Cristiana A. Francioso